Gentili ascoltatori stiamo trasmettendo dalla pista del Roosevelt Field di New York. È il 16 maggio 1927, e questa giornata potrebbe passare alla storia.

In questo momento stanno uscendo dai loro hangar, sulla pista, i tre aeromobili che parteciperanno a un’impresa storica, finora mai compiuta, la trasvolata atlantica, senza scalo, da New York a Parigi. Accanto ai velivoli ecco apparire anche i rispettivi piloti e un po’ più indietro i costruttori e i finanziatori.

Il rumore che sentite e che mi costringe a gridare sono le eliche dei motori che sono stati messi in moto, a vederli così, appena fuori dai loro hangar sembrano davvero giovani puledri pronti alla gara, a stento trattenuti dalla loro smaniosa furia di correre nei cieli e i piloti sono i cavalieri, pronti a domare la Potenza dei loro animali ma anche ad assecondarne le inclinazioni, in quella che si può ben definire una riuscita simbiosi tra umanità e tecnologia.

Prima di presentarvi gli avventurosi esploratori dei cieli, e prima di descrivervi i loro rispettivi aeromobili, vi voglio ricordare che il premio di 25.000 dollari, messo in palio dal magnate Raymond Orteig fin dal lontano 1919 per chi fosse riuscito per primo ad attraversare l’Atlantico in un unico volo senza scalo, non è stato ancora mai assegnato.

Molti sono stati i tentativi di trasvolamento atlantico in questi anni, e molte purtroppo le tragedie avvenute nel cielo.

Proprio un anno fa alla partenza durante il decollo per un’improvvisa avaria causata dall’eccessivo peso, l’aviatore francese René Fonck si schiantò al suolo.

Floyd Bennett invece precipitò a causa di un ground loop in fase di decollo, un’improvvisa rotazione del velivolo intorno al suo asse longitudinale che il pilota non riuscì più a governare. Ma i tre velivoli che sono oggi qui sulla pista del Roosevelt Field hanno fatto tesoro delle esperienze precedenti e le innovazioni tecniche apportate, secondo il parere di diversi esperti che abbiamo intervistato, sembrano promettere prestazioni eccezionali.

Il rumore di fondo non vi permette di ascoltare le grida di giubilo e incoraggiamento dell’enorme folla che si è accalcata fin dall’alba intorno alle recinzioni dell’aeroporto, tanto che diversi reparti di polizia sono stati allertati, pronti a respingere eventuali invasioni di campo da parte dei numerosi spettatori affluiti da ogni dove, perché è vero che in gioco non c’è solo il premio in palio ma anche lo spirito di una nazione.

Se gli Stati Uniti riuscissero nell’impresa acquisirebbero di fatto la supremazia dei cieli e questo avrebbe conseguenze sull’intera economia del paese. La gara e la sfida non sono dunque solo di valore simbolico e le grida della gente che vorrebbe sovrastare il rombo dei motori è un chiaro segnale popolare della enorme posta in gioco.

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Peppi’ Peppi’, look here, qua stiamo, talia quanti siamo, no, niente non ci vede, è troppo lontano, e poi come fa a vederci con tutta quella gente che gli sta torno torno, tutti pezzi grossi, vedi come sono vestiti, signore in pelliccia, fotografi, Peppi’, una star sei diventato, fatemi salire di più che mi aggrappo alla rete, ehi police what are you doing, sta’ buono, eh, non t’agitare, che dice? ma come parla questo minchia di irlandese, ma no, no, mica vogliamo sfondare, pacifici siamo, basta che non ce le fate girare, vogliamo solo farci vedere dal nostro compaesano, quello laggiù, quello piccolo colla giacchetta, quello è un inventore che tu, policeman, ti devi solo togliere il cappello quando che ci parli, quello mo’ colla sua macchina volante batte tutti i record e s’acchiappa il premio intero intero, capisti, policeman, look there, siculo è, come me, siculo italiano.