Il progetto in progressione di questo spettacolo è partito tempo fa dal vedere le bellissime macchie che le muffe avevano tracciato sul fondale dei Turcs tal Friul e dall’immediato entusiasmo che mi ha portato a studiare e campionare diverse fasi della decomposizione di vegetali e delle relative ombre lasciate sul supporto di tela-cotone. Marco Baliani e Cristina Crippa hanno subito aderito alla richiesta di continuare questa mia ricerca per la progettazione dello spazio dello spettacolo attuale, che per la sua ambientazione e per il metodo di approccio registico si è rivelato un terreno fertile. Ho quindi utilizzato del cotone bianco ancora apprettato per avvolgere lo spazio in moduli suddivisi a loro volta in strisce, ricordando in questo un vecchio manuale sull’uso e riuso delle lenzuola all’interno degli istituti psichiatrici di contenzione.

Lo spettacolo di Adalgisa Conti che si racconta è diviso spazialmente intre. Un primo luogo di transizione e preparazione, piccolo, chiuso e tortuoso come una dogana, un asservimento a regole imposte fino ad arrivare sul palcoscenico di fronte ad Adalgisa che aspetta vestita di tutto punto il pubblico. Lo spazio riservato al racconto è una grande sindone di lenzuola che ingloba la Conti, l’infermiera e i pochi arredi. Il terzo polo dello spettacolo è la platea vuota dominata da presenze; figure maschili che assistono come il pubblico alla vita della paziente. Presenze influenzanti l’andamento del racconto, della degenza, dello spettacolo.

Carlo Sala, aprile 1996