TEATRO – Marco Baliani https://www.marcobaliani.it Fri, 26 Jan 2024 04:53:31 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.4 ARLECCHINO? https://www.marcobaliani.it/arlecchino/ https://www.marcobaliani.it/arlecchino/#respond Thu, 11 Jan 2024 10:27:49 +0000 https://www.marcobaliani.it/quel-giorno-2/

testo e regia Marco Baliani

con Andrea Pennacchi 

e con Marco ArtusiFederica GirardelloMiguel Gobbo Diaz, Margherita Mannino, Valerio MazzucatoAnna Tringali 

musiche eseguite dal vivo da Giorgio GobboRiccardo Nicolin

scene e costumi Carlo Sala

luci Luca Barbati

aiuto regia Maria Celeste Carobene

produzione Gli ipocriti Melina Balsamo in coproduzione con Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale 

 

PERSONAGGI 

Arlecchino – Andrea Pennacchi 

Beatrice / Federigo Rasponi – Federica Girardello 

Brighella / Florindo – Marco Artusi 

Clarice – Margherita Mannino 

Pantalone – Valerio Mazzucato 

Silvio / Facchino / Cameriere – Miguel Gobbo Diaz

Smeraldina – Anna Tringali 

  

In ogni epoca bisogna lottare per strappare la tradizione al conformismo che cerca di sopraffarla

Walter Benjamin 

 
 

L’Arlecchino che Andrea Pennacchi porta in scena farà forse sussultare i tanti Arlecchini che nel tempo hanno fatto grande questa maschera della commedia dell’arte.
Lui cerca in tutti i modi di essere all’altezza del ruolo, ma non ne azzecca una, é goffo, sovrappeso, del tutto improbabile, ma è in buona compagnia: gli altri attori, che, come lui, sono stati assoldati, con misere paghe dall’imprenditore Pantalone, sono, al pari di Arlecchino, debordanti, fuori orario, catastroficamente inadeguati.
Eppure tutti questi sbandamenti, queste uscite di scena e fughe dal copione, che sono anche uscite nella contemporaneità dell’oggi, queste assurde prestazioni, queste cadute di stile e cadute al suolo di corpi sciamannati, tutte queste parole affastellate, tutto questo turbinio di azioni e gesti, stanno proprio rifacendo il miracolo della grande commedia goldoniana, in una forma non prevista, una commedia dirompente, straniante, che ricostruisce la tradizione dopo averla intelligentemente tradita.
Ed ecco allora che la storia, nonostante tutto, anzi proprio grazie a questo tutto invadente, si dipana nella sua narrazione e ne esce un Arlecchino mai visto che riunisce stilemi diversi, frammenti di cabaret, burlesque, avanspettacolo, commedia, dramma, un gran calderone ultrapostmoderno che inanella via via pezzi di memoria della storia del teatro.
Per riuscire a creare un simile guazzabuglio di intenzioni, per riuscire a renderlo eccezionalmente vivo, occorrevano attori capaci di seguirmi in un simile delirio.
Ed eccoli qui, una compagnia di compagni e complici, Marco Artusi, Federica Girardello, Miguel Gobbo Diaz, Margherita Mannino, Valerio Mazzucato e Anna Tringali, capaci di interpretare contemporaneamente più ruoli, di passare dalle proteste borbottanti degli attori sottopagati alle vorticose azioni dei personaggi della commedia che pur devono rappresentare.
In questo incessante salto mortale di identità è il loro talento a tenere insieme ciò che di continuo sembra sfuggire alla presa.
Appartengono di diritto alla grande tradizione del teatro veneto, grande perché sempre capace di rischiare per rinnovarsi, come accade su queste tavole sceniche imbandite di follia arlecchinesca.
Durante le prove immaginavo di avere Carlo Goldoni seduto in terza fila,
e dovevo dirgli di fare silenzio tanto si sganasciava dalle risate, con gli occhi stupiti di bambino mai cresciuto di fronte a questa sua opera divenuta così inverosimile da essere ancor più sua.
E quando poi le musiche di Giorgio Gobbo accompagnate dalla batteria di Riccardo Nicolin si infilavano come blitz sorprendenti costringendo gli attori a divenire anche danzanti e cantanti, il Goldoni là dietro non si teneva più.
Infine che dire delle scene fluttuanti di Carlo Sala, una scenografia semovente, mobile, semplice come lo è la creatività quando si dimentica di dover fare bella figura e si lascia andare al gioco infantile, grazie agli stessi attori che si fanno operai macchinisti modificando la scena di continuo come avvenissero improvvise folate di vento, a volte in forma di bufera a volte come zefiro primaverile.
Il testo febbrilmente rimaneggiato ogni giorno, a partire dalle intuizioni che sorgevano in me, vedendo all’opera la creatività degli attori, e trascritto con solerzia da Maria Celeste Carobene, è proprio quello che fin dall’inizio avevo immaginato. Le parole che vengono fatte volare sono anch’esse leggere, eppure, come accade davvero nella vera commedia, arrivano stilettate e spifferi lancinanti che parlano dei nostri giornalieri disastri di paese e di popolo, così che i terremoti scenici ci ricordano il traballare quotidiano delle nostre esistenze.

                                                                    

 

 

 

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L’ITALIA È UNA FAVOLA https://www.marcobaliani.it/italia-e-una-favola/ https://www.marcobaliani.it/italia-e-una-favola/#respond Fri, 13 Oct 2023 07:50:04 +0000 https://www.marcobaliani.it/corso-per-attori-fare-teatro-2/ Viaggio fiabesco nelle venti regioni italiane dedicato a Italo Calvino

 

un progetto di e con la voce di Marco Baliani
con le musiche di Mirto Baliani
in appendice a ogni puntata dialogo con l’antropologo Marino Niola

 

Dal 18 ottobre 2023 su Rai Radio3 (all’interno di Radio3Suite)
subito dopo il concerto nelle seguenti date: 18, 20, 25, 27, 31 ottobre; 3, 8, 10 15, 21, 28 novembre; 1, 5, 8, 15, 19, 22, 25, 26, 29 dicembre

 

 

Ogni poco mi pareva che dalla scatola magica che avevo aperto, la perduta logica che governa il mondo delle fiabe si fosse scatenata, ritornando a dominare la terra… io credo che le fiabe sono vere, una specie di spiegazione generale della vita.
Italo Calvino

Sta al narratore organizzare i passaggi obbligati per arrivare alla soluzione della storia,
tenerli su uno sopra l’altro come i mattoni di un muro e usando per cemento l’arte sua.
Italo Calvino

 

In occasione del centenario della nascita di Italo Calvino, che ricorre il prossimo 15 ottobre, Rai Radio 3 presenta il progetto “L’Italia è una favola”, un ciclo di venti puntate radiofoniche di 30 minuti ciascuna  che vuole rendere omaggio al grande scrittore, puntando l’attenzione su quella che è stata un’opera, tra le tante sue realizzate, di estrema audacia letteraria: la raccolta delle “Fiabe italiane”. Le puntate saranno trasmesse, all’interno di Radio3 Suite, a partire dal 18 ottobre sino a dicembre e saranno disponibili su RaiPlay Sound.

 

CALENDARIO DELLE PUNTATE

Ultima scopa e la sua cavallina                       Campania (mercoledì 18 ottobre)
La barca che cammina per terra                     Lazio (venerdì 20 ottobre)
Una rana per sposa                                           Piemonte (mercoledì 25 ottobre)
Gianni Benforte                                                  Marche (venerdì 27 ottobre)
La magia dell’anello                                          Trentino Alto Adige (martedì 31 ottobre)
Il fuoco di sant’Antonio                                     Sardegna (venerdì 3 novembre)
L’amore della fata Aquilina                               Basilicata (mercoledì 8 novembre)
Giovannin senza paura                                     Aosta (martedì 10 novembre)
Reuzzo impastato                                             Calabria (mercoledì 15 novembre)
Gottin Nostromo                                                Liguria (martedì 21 novembre)
La principessa che non rideva mai                  Friuli Venezia Giulia (martedì 28 novembre)
L’arte di Franceschiello                                     Molise (venerdì 1 dicembre)
La figlia del re del sole                                      Lombardia (martedì 5 dicembre)
Petrosinella                                                         Toscana (venerdì 8 dicembre)
La fortuna di Pompilio                                       Umbria (venerdì 15 dicembre)
Le tre melagrane                                                Abruzzo (martedì 19 dicembre)
Il granchio                                                           Veneto  (venerdì 22 dicembre)
Vento sono Uomo divento                                Puglia (lunedì 25 dicembre)
La regina nello stagno                                       Emilia-Romagna (martedì 26 dicembre)
Colapesce                                                           Sicilia (venerdì 29 dicembre)

 


Nel narratore anche ciò che ha appreso per sentito dire si assimila a ciò che è più suo…
Il narratore rimane fedele ad un tempo del mondo in cui le cose parlavano con gli uomini: il suo occhio non si stacca dal quadrante davanti a cui si svolge la processione delle creature, nella quale, secondo i casi, la morte è il primo della fila o l’ultimo ad arrivare.
Il primo e vero narratore è e rimane quello di fiabe.
Walter Benjamin

È davvero così, è solo quando racconto una fiaba che posso toccare con mano l’esistenza dell’invisibile, che si manifesta solo lì, in quel punto del tempo in cui il mio animo trova la strada di un’antica infanzia e di un antico stupore, solo in quel momento avviene l’evento e la storia smette di essere relegata nel mondo del fantastico e diventa materia organica vivente, e febbricitante e dirompente. Così accade, narrando, ma solo se si narra davvero in forma orale, e non come memoria di un testo scritto in precedenza, che la tessitura fiabesca richieda continui aggiustamenti, intuizioni del momento, prese a prestito dal mondo intorno, quello visibile e materico ma anche quello della pura immaginazione.
Immaginazione che nel racconto diviene fonte di conoscenza, veicolando quei consigli, misteri e suggerimenti di vita che Benjamin assegna al narratore come estrema forma di saggezza.
Una saggezza infantile, che pone domande impossibili più che cercare risposte coerenti.
La fiaba è un vero banco di prova per il narratore che deve compiere salti di spazio e di tempo del tutto impossibili negli statuti della realtà, ma che, una volta agiti dal corpo-voce del narrante, scompaginano proprio quegli stessi statuti.
Per molti anni, fin dai primi racconti fiabeschi rivolti a bambini a dir poco inquieti, raccolti nella sala Cisterna di Genova, secoli orsono, ho coltivato la segreta vocazione a farmi griot, un griot occidentale, che non ha più alle spalle una comunità forte e coesa di riferimento, senza più la millenaria tradizione africana, eppure trasportando un “germe di comunità” ogni volta che la mia voce trasmette una storia.

E finalmente quella tanto a lungo rimandata vocazione prende ora forma.
Grazie all’interesse di Radio 3Rai ho cercato e poi narrato radiofonicamente una fiaba per ogni regione italiana e ho intitolato il progetto L’Italia è una favola.
Venti narrazioni che dedico a quella famosa raccolta di Italo Calvino, un mio personale viaggio italiano dentro paesaggi, personaggi, modi di dire, accenni dialettali, atmosfere, cercando ogni volta di catturare quella “signoria poetica” di cui parla Calvino, la particolare “terrestrità” di quella regione, la materia incandescente dei suoi boschi, ma anche la dolcezza di un cielo, la levigatezza di un modo di dire, di una cantilena, di un canto.

Calvino diceva che per lui le fiabe erano un “catalogo dei destini dell’umanità”. Per me più che un catalogo le fiabe sono mappe che racchiudono ma non esauriscono i destini non solo umani ma anche dei mondi animali e vegetali.
Calvino ha trascritto in pagine memorabili una lunga tradizione di favole originariamente dette a voce e tramandate di orecchio in orecchio. Di quella sua scrittura ammiro la concisione e la leggerezza, la sua limpida struttura, ma a leggerle si sorride come gli adulti sorridono delle assurde domande che i bambini rivolgono al mondo adulto, con una sorta di divertita condiscendenza, si ammira l’intelligenza dello scrittore, la limpidezza della costruzione, ma restano, quelle fiabe, inchiodate al foglio e non vibrano più generando imprevedibili sussulti emotivi.
Io ho lavorato, all’opposto, a dilatare e dispiegare la materia favolistica, slargandomi dove la storia mi portava, come è proprio di qualsiasi narrazione orale, dove giocoforza il narratore deve essere capace di farsi guidare dagli eventi, aprendo scenari su scenari, digressioni, dislocazioni, trasmettendo così lo stesso stupore che assale la sua anima.

Per mesi ho camminato nel mondo fiabesco e quello che ho provato e provo tuttora è una immensa gratitudine, una gioia interiore che spero possa essere percepita in chi ascolta. È stato un viaggio che ha a che fare con l’intera mia vita.

Ogni favola sarà intessuta di musica, sonorità, suoni, rumori, paesaggi sonori ad opera di Mirto Baliani, ritrovando con lui l’antica sperimentazione e complicità che ci aveva guidati, molto tempo fa, a comporre quel signor Ventriglia che ancora si affaccia nelle librerie per ragazzi, e non solo.

E infine ho chiesto all’antropologo Marino Niola di accompagnare ogni puntata, alla fine della narrazione, con un suo intervento che riprende i motivi, i passaggi, i simboli, che più lo hanno colpito nell’ascolto, così che la fiaba diventa veicolo di altri immaginari, evocando gemellaggi, discendenze, memorie.

È vero che questa mia voce narrante sarà per ora senza un corpo, anche se cercherò di far percepire, nella voce radiofonica, la corporeità materica di personaggi e paesaggi, ma sono già in attesa di un successivo passaggio, quando, terminata la serie e da parte mia acquisita la sostanza delle favole narrate, mi dedicherò a trasmetterle in viva voce e vivo corpo, girando nomade con un bagaglio di storie in attesa che scatti una qualche forma di baratto fiabesco, in quei luoghi dove la favolosità di questo nostro paese si manifesta sorprendendoci sempre.

 

 

 

 

 

 

                                                                    

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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QUEL GIORNO https://www.marcobaliani.it/quel-giorno/ https://www.marcobaliani.it/quel-giorno/#respond Fri, 13 Oct 2023 06:19:26 +0000 https://www.marcobaliani.it/corso-per-attori-fare-teatro-2/ Memorie del 16 ottobre 1943

 

testo e regia Marco Baliani

drammaturgia Maria Maglietta

Con  Lino Guanciale e Sandra Toffolatti

produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale 

 

DEBUTTO

16 ottobre 2023 / ore 21 / Teatro Argentina (Roma)

ingresso libero fino ad esaurimento posti

Lo spettacolo sarà trasmesso in diretta anche su RaiRadio3 – Ascolta il promo

REPLICHE

Lo spettacolo sarà poi ripreso al Teatro India dal 25 al 29 ottobre 2023, con gli attori Sandra Toffolatti e Francesco Villano (recite alle 20, la domenica alle 18) 

 

La lotta dell’uomo contro il potere è la lotta della memoria contro l’oblio
Milan Kundera
Le memorie di quella giornata terribile del nostro passato prossimo sono quasi indicibili, come sempre accade quando la sottile superficie del vivere si incrina facendoci precipitare in un abisso, sottraendoci il pensiero, annichilendo il raziocinio. Ma con ogni mezzo occorre sempre cercare di nominare l’innominabile per non perderlo nella facile revisione del passato, nella negazione dei fatti accaduti, nella rimozione delle azioni perpetrate.

All’alba di quel 16 ottobre di ottant’anni fa il terribile si manifesta nel Ghetto Ebraico di Roma, sorprendendo gli animi, rompendo la straordinaria quotidianità di una vita regolata, pur in quei difficili tempi di guerra, da un intreccio di affetti, di convivialità, di pratiche religiose.

In un tessuto umano così ricco di tradizioni, l’orrore si manifesta come qualcosa di smisurato, che sopravanza ogni possibile tentativo di darsi una spiegazione. L’odio contro la diversità di un popolo prende la forma del sequestro della dignità, della riduzione degli esseri umani a “cose”, al di fuori per sempre da qualsiasi senso di umanità.

Viene chiamato quel giorno “rastrellamento” ma non sono foglie secche di un giardino ad essere rastrellate ma corpi e anime di esseri viventi che fino al giorno prima ancora erano convinti, pur in mezzo a timori e angosce, di appartenere al grande consesso dell’umanità. Fino a quel giorno ancora parlavano, discutevano, i bambini giocavano, insomma vivevano.

La giornata del 16 ottobre 1943 è composta di racconti, di cronache, di giornalismo intelligente, c’è un’oggettività dei fatti, quelli che Giacomo Debenedetti riesce a farci toccare con la sua splendida prosa.  Ma il giorno prima del 16 ottobre è invece racchiuso nell’interiorità degli animi, nelle case, nei timori o nelle speranze, nella invisibile profondità dei cuori, nella minuta conduzione dell’esistenza

Attraverso la forza del teatro vorrei trovare le voci di alcuni personaggi che agiscono nelle ore dei giorni precedenti la retata, fino a quell’alba fatidica quando le squadre naziste irrompono nelle case. Ricordando la lezione di Italo Calvino quando diceva che solo raccontando le piccole storie si può riuscire a illuminare di luce nuova la Storia grande vorrei dare la parola teatrale a un bambino di nove anni, una ragazzina alle soglie dell’adolescenza, un giovane uomo, una giovane donna, un marito e una moglie.

In scena ci sono due attori, una donna e un uomo, capaci di avere dentro di loro questa moltitudine di voci, voci che escono con l’urgenza di chi non riesce a tenere nell’anima tanta materia di memoria. Le voci si alternano tra loro, cambiano di ritmo, di timbro, di volume, di intensità, ogni volta identificandosi profondamente col personaggio a cui la voce appartiene. A volte monologano, a volte narrano, a volte dialogano.
Ogni personaggio è supportato da una scrittura diversa per andamento e drammaturgia, e la sua breve storia di vita si dipana ogni volta grazie ad una diversa interpretazione. La musica lega una all’altra le voci dei personaggi, o le separa isolandole, o ancora si dispiega in passaggi più ampi.
Immagino un teatro essenziale, asciutto, potente nelle parole e nella capacità attorale di interpretarle, al servizio della francescana potenza del dire. Marco Baliani

 

______________

L’iniziativa è realizzata nell’ambito del programma commemorativo dell’80esimo anniversario del rastrellamento degli ebrei da Roma del 16 ottobre 1943 promosso da Roma Capitale con il contributo del Ministero dell’Interno in collaborazione con la Comunità Ebraica di Roma e la Fondazione Museo della Shoah.

 

 


 

 

 

                                                                    

 

 

 

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EDIPO https://www.marcobaliani.it/corso-per-attori-fare-teatro/ https://www.marcobaliani.it/corso-per-attori-fare-teatro/#respond Sun, 19 Mar 2023 04:00:33 +0000 https://www.marcobaliani.it/corpo-eretico-2/ da Sofocle

 

Regia e adattamento drammaturgico di Marco Baliani
Con Pasquale Aprile, Mario Berretta, Sem Bonventre, Alice Bonvini, Michele Bonvini, Riccardo Bursi, Federica Carra, Tommaso Ferrandina, Lorenzo Fracchia, Anna Gamba, Gabriele Graham Gasco, Matteo Ippolito, Cristina Violetta Latte, Eleonora Lausdei, Samira Mancino, Luca Morciano, Marlon Zighi Orbi, Salvatore Pappalardo, Lorenzo Prevosti, Lorenza Sgrò
Costumi e oggetti di scena di Emanuela Dall’Aglio
Musiche di Mirto Baliani
Produzione Bottega XNL – Fare Teatro e Festival di Teatro Antico di Veleia

 

PRIMA NAZIONALE

23/24/25 giugno 2023 / ore 21.30 / Teatro Antico di Veleia (PC)

 

Dopo Antigone del 2022, Marco Baliani torna a Veleia con un’altra grande tragedia di Sofocle, l’Edipo (forse la più conosciuta, studiata e rivisitata dell’intero corpus tragico dell’Antica Grecia). Baliani torna come regista e come “Maestro” del progetto “Bottega XNL-Fare Teatro” (il corrispondente teatrale del progetto “Fare Cinema” con Marco Bellocchio). Il corso è finalizzato alla formazione attoriale dei partecipanti selezionati, guidati dall’esperienza pluriennale di Marco Baliani, attraverso un quotidiano allenamento psicofisico, performativo e di indagine sulla “memoria corporea” dei personaggi, in una dimensione di teatro corale.

«Un Re è stato ucciso con tutta la sua scorta.
Questa strage è rimasta impunita per troppo tempo.
Nessuno ha cercato o voluto scoprire chi sono gli assassini o i mandanti.
I corpi di quei morti non hanno trovato pace, è come se fossero rimasti insepolti, sono rimasti a vagare come fantasmi perché nessuno ha potuto narrare la loro morte, dandole così un senso, anche se terribile.
Da allora il paese, la città, è malata di un male che è peggio di una pestilenza perché corrode gli animi e altera la convivenza civile. Prima ancora che compaia in scena Edipo, che gli venga chiesto di portare soccorso alla malattia della città di Tebe, è questo scenario che mi affascina.
Per me la tragedia è prima di tutto tragedia di un popolo, sono i cittadini della polis, quelli che la fanno vivere quotidianamente, sono loro, i loro corpi, ad agire le forme del tragico che incombe su di loro.
Per aspettare Edipo, occorre prima sapere chi sono coloro che lo attendono alla prova».

(Marco Baliani, Appunti su Edipo)

ASPETTANDO EDIPO (marzo 2023)

Sono esattamente 47 anni che lo sto aspettando, ero certo che prima o poi mi avrebbe raggiunto, e adesso è venuto a chiudere i conti con me. Ma per arrivare a incontrarci o scontrarci ce ne abbiamo messo di tempo e di giravolte esistenziali. Andiamo con ordine, cioè nel disordine costante che è stata la mia vita.

Nel 1976, complice quello che allora si chiamava decentramento culturale, il grande Giuseppe Bartolucci propose al mio gruppo da poco formato, Ruotalibera, di intraprendere laboratori teatrali nella tredicesima circoscrizione, Ostia Lido. Fu il mio primo laboratorio con giovani delle scuole superiori, un istituto tecnico. E il testo su cui esercitare la totale invenzione di rapporti che andavo allora sperimentando, fu l’Edipo, ma non l’Edipo Re di Sofocle, ma quello di Seneca. Era la prima volta che affrontavo un testo tragico in un modo così viscerale e concreto, lontano dalle reminiscenze scolastiche: ora si trattava di mettere in scena i corpi di Edipo, Tiresia e la figlia Manto, Creonte, Giocasta. Non ricordo come arrivai a creare uno spettacolo col poco tempo a disposizione, ricordo la grande impressione che fece su tutti noi la descrizione della peste che attanaglia la città di Tebe, assai vivida e proliferante in Seneca. Due insegnamenti fondamentali trassi da quel primo laboratorio. Uno, che avevo un talento naturale di tipo pedagogico nella creazione di gruppi capaci di cooperare creativamente, (la passione di quegli studenti, che oggi avranno i loro sessant’anni, era tangibile e sorprendente, così digiuni di faccende letterarie eppure così curiosi e pronti a sperimentare) e, due, che della tragedia mi colpiva soprattutto la dimensione del popolo, la corporeità degli abitanti della città, più che quello dei protagonisti. E Tebe, questa città perennemente invasa da forme pestilenziali, più psichiche che fisiche e materiali, ha continuato a tampinarmi nel tempo.

Sono dovuto passare prima dai figli di Edipo per poterlo poi incontrare, in un processo temporale retroattivo. Nel 1996 ero entrato nel corpo di Eteocle nello spettacolo teatrale I sette contro Tebe allestito per la regia di Mario Martone nel sotterraneo Teatro Nuovo di Napoli e contemporaneamente a replicare il ruolo come attore nel film Teatri di guerra dello stesso Martone.

Poi arriva Siracusa nel 2017 e sono io a dover dirigere venticinque attori nella messa in scena dei Sette contro Tebe, sempre i figli maschi dunque, e sempre una città in preda al panico della guerra alle porte, che è un’altra terribile forma di peste, come vediamo quotidianamente nelle immagini dall’Ucraina.

Arriviamo all’anno scorso per incontrarmi con le figlie di Edipo, Antigone e Ismene, e Tebe è di nuovo infestata dal lezzo di un corpo che il potere non vuole seppellire, quel Polinice che ho combattuto fraternamente quando ero stato Eteocle. E ancora dunque è la città e il suo popolo, come agli inizi delle mie incursioni nel tragico, a farmi da guida, sono quei corpi lì, impauriti, ambigui, pieni di contraddizioni ma così veri e vitali, sono loro a permettere al gruppo di attori di essere cittadini e non affresco coreutico.

Ma dimentico altri incontri. Antigone l’avevo già intravista, più come simbolo però, nelle due regie mastodontiche fatte a Bologna per le commemorazioni della strage del 2 agosto alla stazione, realizzate per due anni di seguito nel 1990 e 1991 con cento attori, nelle piazze bolognesi. E ancora un altro Edipo avevo incontrato rivisitando con Luciano Nattino i Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese. Lì un Edipo ancora non precipitato nella angoscia della scoperta di essere incestuoso e colpevole, incontra una straordinaria figura di Tiresia che parla della assenza degli dèi nella sua esperienza di viandante cieco, quello che Edipo sarà al termine della sua vita.

E ora ci siamo, toccherà a lui farsi sotto, qui, a Piacenza tra i ruderi romani di Veleia, in questa stupenda invenzione che è Fare Teatro. Sarò in compagnia di altri venti giovani attori. Dovremo riuscire a stanarlo dal testo di Sofocle e a farlo rivivere, povera anima contorta costretta a rivivere milioni di volte la sua esistenza per le infinite messe in scena del suo nome.

Non so assolutamente, non lo so mai troppo prima, come affronteremo la sua storia, parlo al plurale perché è questo il mio teatro, una forma di esperienza corale, di creazione collettiva dove, come sempre, a me interessa più la Maestria che la Regia.

Le volte che mi sono incontrato con le tragedie classiche ho agito come un barbaro, come i barbari che restavano incantati e irretiti di fronte alle città conquistate, incapaci di comprenderne la cultura sedimentata per arrivare  a simili architetture ma allo stesso tempo pungolati ad appropriarsene, magari intuitivamente, ma con uno spirito infantile e per certi versi ludico.

Attendo dunque trepidante questa nuova impresa, attendo un’altra Tebe, che annulla in un cortocircuito temporale i così tanti anni inanellati dalla mia inesausta passione teatrale.


 

COME EDIPO, TROVARSI A UN CROCICCHIO (maggio 2023)

Si trova quel che si vuole cercare, sfugge invece quel che non si vuole cercare

Sofocle
                                                                    

Questo si sente dire Edipo quando comincia a indagare su chi abbia potuto uccidere Laio, il sovrano che prima di lui regnava sulla città di Tebe, suo padre che lui, inconsapevole di esserne figlio, ha ucciso a un crocicchio di strade.
Ho cominciato anche io a indagare, insieme a venti attori e attrici, come portare alla luce il testo labirintico di Sofocle, e mi sono imbattuto in questa frase che così precisamente si attaglia alle vicende del passato prossimo del nostro Paese. In fatto di stragi, di cittadini o uomini di potere uccisi senza che si sia mai saputo chi furono davvero colpevoli e mandanti la nostra storia ne è colma.

Nella ricerca della verità, da sempre i politici al governo si sono comportati all’opposto di quel che compie Edipo. Lui cerca la verità a tutti i costi, scoperchiando reticenze, mezze voci, depistaggi, procede senza essere frenato da convenienze e timori per il suo ruolo. Quando Creonte gli chiede se preferisce riferirgli quel che l’oracolo gli ha rivelato entrando a palazzo invece di parlare davanti ai cittadini Edipo risponde che non ha segreti da nascondere, e che l’agorà è il luogo dove parlare di fronte a tutti. In sostanza dice che non ci sono segreti di stato da secretare.

Che esempio sommo di onestà intellettuale, che dimostrazione di etica politica c’è in queste parole! E quando la verità sui colpevoli lo porterà troppo vicino alla sua stessa persona, svelando via via la sua colpa, neanche allora si tirerà indietro, è ormai posseduto dalla necessità di sapere.

La scrittura di Sofocle spesso viene vista come un “giallo”, un progressivo sfogliarsi di pagine che portano alla scoperta del vero assassino. Ma è un giallo in cui si sa fin dall’inizio chi è il colpevole, la maestria sta nel ritardarne l’esito rivelatorio, così che il centro vero dell’opera si sposti altrove, imperniandosi sulle circonvoluzioni dell’animo di Edipo, sul suo dibattersi tra la ricerca della verità sull’assassinio e quell’altra ricerca che ha a che fare con la sua identità.

Da chi è stato generato, il “chi sono io”: questa è la vera terribile ricerca che Edipo compie. È questo secondo scomodo sapere che lo travolge. Le sue sono domande che ci riguardano tutti e che con difficoltà siamo portati a farci nelle nostre vite, ognuno di noi ha un luogo nascosto dell’infanzia dove l’Io che ora siamo o crediamo di essere si è formato, è stato plasmato, ha assunto quel carattere che poi lo determinerà nelle scelte di vita.
Nei Dialoghi con Leucò Cesare Pavese fa dire a un Mendicante (che è sempre un dio travestito) rivolto a Edipo:

Ti capisco Edipo. Ma abbiamo tutti una montagna dell’infanzia.
E per lontano che si vagabondi ci si ritrova sul suo sentiero.
Là fummo fatti quel che siamo. 

Ognuno di noi, come Edipo, si è trovato di fronte a un crocicchio e ha scelto la strada da intraprendere, senza sapere dove l’avrebbe condotto. E nello scegliere un percorso sempre ne “uccidiamo” un altro, lasciando sul campo qualche vittima, accettando a posteriori che si perda nell’oblio o nel rimosso.

Edipo mostra che a un certo punto dell’esistenza, spesso quando si è vicini alla morte, quel crocicchio torna a palesarsi e chiede alla nostra presunta identità di fare i conti, di rendicontare le scelte compiute.

Se riesco a portare a termine questa altra impresa teatrale è su questa oscurità che mi piacerebbe indagare, focalizzando la ricerca delle parole e dei gesti su questo cuore centrale dell’opera, sulla domanda terribile che Edipo con fatica e disperazione riesce a farsi denudandosi di fonte a tutti.

Vuole sapere, svelare, rivelare e rivelarsi. Non gli basta più vivere ignorando.

Il fatto che siamo vivi non significa che non siamo malati
Iosif Brodskij

 

 

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CON IL CUORE IN BOCCA https://www.marcobaliani.it/con-il-cuore-in-bocca-ravenna/ https://www.marcobaliani.it/con-il-cuore-in-bocca-ravenna/#respond Sat, 18 Mar 2023 17:02:00 +0000 https://www.marcobaliani.it/una-notte-per-gramsci-2/ Un ciclo di incontri con Marco Baliani sull’arte del racconto orale

Ravenna, Biblioteca Classense, Sala Muratori, marzo / maggio 2023

Tre momenti in cui incontrare Marco Baliani, autore scrittore e regista, da pochi mesi di adozione ravennate: tre pomeriggi per conoscere il suo percorso di raccontatore orale lasciandosi condurre
da tre libri.

L’esuberanza del cuore fa parlare la bocca
Blaise Cendrars

L’esuberanza è fomentata dalla passione che nel cuore fa tempesta e subbuglio, e senza la quale nessun racconto può nascere, è il sine qua non di ogni narrazione. Le storie bisogna andare a cercarsele, anche con fatica, ed è proprio il tempo che si dedica a questa ricerca che rende poi quel racconto capace di far fermentare l’esuberanza del cuore di cui parla Cendrars.

PROGRAMMA

OGNI VOLTA CHE SI RACCONTA UNA STORIA / Lunedì 27 marzo 2023
Ogni volta che si racconta una storia rivive un’antica esperienza e trova spazio dentro di noi: torniamo nelle grotte delle origini, quando qualcuno cominciò a danzare una storia davanti al fuoco, dando così all’effimero esistere della specie umana il senso della durata in grado di sfidare il tempo del puro vivere animale.

HO CAVALCATO IN GROPPA AD UNA SEDIA / Mercoledì 19 aprile 2023
Quando racconto costringo a spostare la percezione dall’occhio all’orecchio, a privilegiare l’ascolto sulla visibilità. In una società dove tutto è visibile, spiabile, registrabile, la narrazione ricrea il mistero di un invisibile che si manifesta.

LA PIETRA OSCURA / Venerdì 26 maggio 2023 (nell’ambito di Scrittura Festival)
Una micidiale avventura in bilico tra ecologia e fisica quantistica che ha come protagonisti cinque ragazzi negli ultimi mesi della terza media, in quel periodo indimenticabile prima che ognuno prenda la propria strada.

Gli incontri sono aperti a tutti e a ingresso gratuito. Ai partecipanti verrà rilasciato relativo attestato di partecipazione.

INFORMAZIONI

www.classense.ra.it / Info: 0544.482112 / informazioni@classense.ra.it










 



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CORPO ERETICO https://www.marcobaliani.it/corpo-eretico/ https://www.marcobaliani.it/corpo-eretico/#respond Tue, 18 Oct 2022 03:50:24 +0000 https://www.marcobaliani.it/il-matrimonio-segreto-2/ Dialogo in tempo presente con Pier Paolo Pasolini

di e con Marco Baliani

organizzazione e promozione Ilenia Carrone

produzione Casa degli Alfieri Soc. Coop. 

 

Anteprime:

– 24 ottobre 2022, DamsLab Teatro / Bologna

– 20 novembre 2022, Sala degli Specchi del Teatro Valli, Reggio Emilia

 

Debutto:

– 3/4 dicembre 2022, Teatro Ciro Menotti, Milano

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Un dialogo serrato, spietatamente sincero, a tentare di sgomitolare quei grovigli che, ogni volta che l’ho incontrato, mi hanno lasciato inquieto. Contrasti e contraddizioni mai risolti, e che generano invece altri ingarbugliamenti necessari a vedere le “cose” del mondo da angolazioni inaspettate.

Sono tante le “cose” su cui dialogare con lui, sulle mutazioni sociali avvenute, su quello che ha intuito e quello che ha travisato, sul  suo corpo “diverso”, sempre al centro del suo agire, scandalosamente in contrasto col mondo intorno, sulla sua mai esausta vena pedagogica, sui suoi scritti pirateschi, sul suo giornalismo anomalo.

Ma l’elenco non serve, e poi è lungo, variegato, multiforme, imprendibile come lo è lui nella sua continua ricerca di linguaggi che sappiano parlare il suo tempo, spesso non coincidente con quello della società.

Nella sua dissipazione mi ritrovo, sono sempre stato in fuga da recinti e classificazioni, così posso inserirmi con la mia storia e le mie contraddizioni, a intrecciare altre matasse di pensieri e immagini.

Inaspettato sarà l’incontro con lui, senza rete di protezione, mi occorre andare ramingo, toccando le scabrosità dei nostri corpi mai sazi, non so quali sono le parole che spunteranno dai nostri sguardi mai appagati, ma prevedo durezza, un dialogare che è anche un duellare.

La sua voce mi arriva tra capo e  collo, come un avvertimento, uno stare in guardia, e si riverbera illuminando di una luce obliqua, caravaggesca, questo mio presente paludoso, dato che il tempo non fila mica dritto su una linea come si crede nel nostro Occidente, è invece un anello che si espande in cerchi concentrici, e ogni istante dell’Allora può divenire benissimo un attimo dell’Adesso

Nel mio lavoro ho sempre amato personaggi “non riconciliati”, fuori dalla norma, grandiosamente vittime della loro diversità. Con lui mi trovo dunque in sintonia, una sintonia provvisoria e inquietante come chi cammina sull’orlo di un precipizio ed è meglio non si appoggi al compagno di percorso nel difficile illusorio tentativo di restare in equilibrio.

La sua eresia, così vitale, mi costringe a stare  in ascolto, con lo spavento delle scoperte inattese, per vedere, alla fine, cosa mi resta tra le dita, di raccontabile e tramandabile col mio teatro e la mia voce.  

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IL MATRIMONIO SEGRETO https://www.marcobaliani.it/il-matrimonio-segreto/ https://www.marcobaliani.it/il-matrimonio-segreto/#respond Mon, 03 Oct 2022 15:52:59 +0000 https://www.marcobaliani.it/corpi-eretici-2/ Dramma giocoso in due atti di Giovanni Bertati

 

dalla commedia The Clandestine Marriage di George Colman il vecchio e David Garrick

musica di Domenico Cimarosa

Direttore Diego Ceretta
Regia Marco Baliani
Scene e luci Lucio Diana 
Costumi Stefania Cempini
Assistente scene e luci Eleonora Diana

 

Geronimo      Filippo Morace  
Elisetta          Maria Sardaryan 
Carolina        Veronica Granatiero 
Fidalma         Mariangela Marini   
Il Conte Robinson       Tommaso Barea  
Paolino          Pierluigi D’Aloia

con l’Orchestra Sinfonica “Gioacchino Rossini”

nuovo allestimento Fondazione Teatro delle Muse

14 e 16 ottobre 2022, Ancona, Teatro delle Muse

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È la prima volta che l’opera di Cimarosa si rappresenta nel ricostruito Teatro delle Muse di Ancona, che festeggia vent’anni dalla sua riapertura. Ancona l’aveva ascoltata nel 1911 e nel 1928.

The secret marriage è la commedia di maggior successo scritta a quattro mani da Georg Colman il vecchio e David Garrick – attore e drammaturgo – nata sulle scene londinesi nel 1766 e diventata popolare in tutta Europa, dove Bertati – divenuto Poeta Teatrale alla corte di Vienna, dopo l’esilio di Lorenzo Da Ponte – ne fece soggetto della più fortunata opera buffa cimarosiana.

Matrimonio segreto vide la luce al Burgtheater di Vienna nel 1792, dove raccolse un successo così grande, che l’Imperatore pretese come bis l’esecuzione integrale dell’opera.

Il capolavoro cimarosiano immediatamente rappresentato nelle capitali europee, è uno dei pochi titoli del teatro buffo napoletano del Settecento a rimanere in repertorio anche nell’Ottocento e nel primo Novecento.

“È un meccanismo teatrale ad orologeria tecnicamente perfetto – dice il direttore artistico Vincenzo de Vivo – che raggiunge i livelli delle opere scritte da Mozart e Da Ponte per quello stesso teatro imperiale di Vienna in cui l’opera ha visto la luce”.

“Ad ascoltare la musica di Cimarosa – afferma il regista Marco Baliani – si sente nell’aria vibrare il volo malandrino di un tafano pungitore, una musica divertita di se stessa, che insegue e tallona la vicenda o addirittura la anticipa”.

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UNA NOTTE PER GRAMSCI https://www.marcobaliani.it/una-notte-per-gramsci/ https://www.marcobaliani.it/una-notte-per-gramsci/#respond Wed, 14 Sep 2022 05:27:02 +0000 https://www.marcobaliani.it/fare-teatro-antigone-per-veleia-2/

A Bologna la maratona di lettura, musica e disegno dal vivo a partire dalle Lettere dal carcere di Antonio Gramsci: appuntamento il 23 settembre 2022, dalle 18 alle 24, in Piazza Lucio Dalla a Bologna

direzione artistica Marco Baliani
da un’idea di Ilenia Carrone

Letture tratte da Lettere dal Carcere di Antonio Gramsci, a cura di Francesco Giasi, Einaudi, I Millenni, 2020

Per una notte strapperemo Antonio Gramsci dalla prigione dove il regime fascista per oltre dieci anni lo ha rinchiuso, per una notte lo riporteremo tra di noi, scorrendo le pagine delle sue Lettere dal carcere, ascoltando i suoi pensieri, l’umanità racchiusa in quelle parole. Vivremo con lui la terribilità della segregazione ma anche la forza della immaginazione con cui è riuscito, per anni, nonostante tutte le privazioni, nonostante i dolori fisici, le malattie, l’estrema povertà del suo vivere, a illuminare il suo carcere, non solo il suo ma ogni carcere del mondo.

Per una notte creeremo un appuntamento di comuni intenti, senza ideologie, senza bandiere o appartenenze, tranne la ferma e certa ripugnanza per ogni agire che sia oppressivo di libertà e diritti.

Una notte di festa, di ascolto festoso di quelle sue parole, così traboccanti di vita, esuberanti di appartenenza al mondo, per condividerle insieme.

Trascorrere una notte in compagnia di Nino sarà come riconoscere un amico fraterno, o un fratello, un compagno di avventure, capace di far uscire dal carcere voli di immaginazione pura, o di intima affettuosità, rendendoci presente un essere ancora vivente in carne e ossa e cuore e pulsioni, che permetta di ritrovare anche in noi la forza per andare avanti, nonostante tutte le fatiche che la vita ci chiede giornalmente, per continuare a coltivare passioni e non solo accomodamenti, per non cedere alla facile allettante dimora del disincanto o peggio, del cinismo.

Mi chiederai tu, morto disadorno,
d’abbandonare questa disperata
passione per il mondo?

Con le sue lettere Gramsci ha già risposto a questa domanda postuma di Pier Paolo Pasolini, anche dentro quel carcere assassino, anche lì, fino all’ultimo, ha testimoniato la sua passione. Marco Baliani

CON LE LETTURE DI
Anna Amadori, Andrea Argentieri, Pietro Babina, Marco Baliani, Paola Berselli, Alessandro Berti, Maurizio Cardillo, Micaela Casalboni, Gabriele Duma, Antonella Franceschini, Gianluca Guidotti, Maria Maglietta, Francesca Mazza, Ermelinda Nasuto, Stefano Pasquini, Laura Pizzirani, Giulia Quadrelli, Barbara Roganti, Enrica Sangiovanni, Vito

DISEGNO DAL VIVO
Francesca Ballarini, Beatrice Bandiera, Stefano Ricci, Pietro Scarnera

MUSICHE DAL VIVO
Cristiano Arcelli (sax), Sara Calvanelli (fisarmonica), Stefano Senni (contrabbasso), Valeria Sturba (theremin), Gabriele Tai (violoncello), Emanuele Wiltsch Barberio (live electronics e voce)

L’iniziativa è parte della rassegna CULTURALMENTE per la memoria, promossa dal Comune di Bologna Dipartimento Cultura in collaborazione con la Fondazione per l’Innovazione Urbana nell’ambito di Bologna Estate. Hanno collaborato inoltre Fondazione Gramsci Emilia Romagna Onlus, Cronopios e Festival DiMondi/Estragon.













 




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IL SOGNO DI UNA COSA https://www.marcobaliani.it/il-sogno-di-una-cosa-2/ https://www.marcobaliani.it/il-sogno-di-una-cosa-2/#respond Sat, 20 Aug 2022 10:00:18 +0000 https://www.marcobaliani.it/opposti-flussi-2/ Spettacolo ispirato all’omonimo romanzo di Pier Paolo Pasolini

di e con Marco Baliani

Musiche dal vivo con
Leo Virgili chitarra elettrica e trombone
Gabriele Cancelli tromba
Walter Grison sax
Andrea Medeot contrabbasso
Marco D’Orlando percussioni

Progjet Colonos
in collaborazione con il Comune di San Vito al Tagliamento

 

Un grande racconto, una narrazione orale che trasforma la scrittura dando vita alle parole con la voce e con il corpo. È questo che vorrei compiere a partire dal romanzo di Pasolini, un’epopea friulana che si snoda come un arazzo, in quella manciata di anni a ridosso di una guerra che ha lasciato sul campo un inesausto desiderio di giustizia. Voglio riuscire a rispettare la visione pasoliniana di questi corpi giovani, corpi che anticipano quelli delle borgate romane dei romanzi successivi. Qui, quei corpi sono ancora intrisi di stupore, la terra, la dimensione contadina, la lingua friulana, i luoghi, le piazze, i nomi dei paesi, ancora non sono stati lacerati dalla frenesia della ricostruzione del dopoguerra e dall’inizio della industrializzazione, e appaiono ancora come portatori di un possibile sogno. I loro sogni non resisteranno al dopo, al futuro che incombe ma, colti in questo esemplare momento di transizione della vita, riverberano ancora tutta la potenza della speranza giovanile in un cambiamento prossimo venturo. (Marco Baliani)

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UN’ANTIGONE PER VELEIA https://www.marcobaliani.it/fare-teatro-antigone-per-veleia/ https://www.marcobaliani.it/fare-teatro-antigone-per-veleia/#respond Sat, 04 Jun 2022 05:00:29 +0000 https://www.marcobaliani.it/?p=3738

Marco Baliani primo maestro della Bottega XNL di Piacenza: 21 gli allievi selezionati per un percorso di alta formazione che culminerà con la messa in scena di Antigone al Festival di Teatro Antico di Veleia

Dal 19 luglio al 21 luglio 2022 il Festival di Teatro Antico di Veleia ospiterà in prima nazionale l’Antigone di Sofocle diretta da Marco Baliani a cui partecipano i 21 allievi del percorso di Alta Formazione Fare Teatro, selezionati tra le oltre 300 candidature arrivate. Il corso intensivo è iniziato lo scorso 30 maggio a Palazzo XNL di Piacenza e si chiuderà nell’area archeologica di Veleia romana, per la fase finale del percorso e per il debutto.

Il progetto Fare Teatro, affidato per questa prima edizione a Marco Baliani, è promosso da Bottega XNL di Piacenza, con la direzione artistica di Paola Pedrazzini, in una ampia progettualità di formazione che include lo storico corso Fare Cinema realizzato con Marco Bellocchio a Bobbio.

QUALCHE APPUNTO DI PARTENZA di Marco Baliani

Un corso di formazione teatrale esercita la sua valenza se è capace di trasmettere saperi ed esperienze, di fare tesoro – da parte dei partecipanti – delle modalità con cui metterò in campo i miei esercizi, le mie visioni, la poetica, le cose apprese in anni e anni di lavoro. Ma deve essere anche il luogo in cui maieuticamente accade il contrario: c’è un sapere che proviene anche dall’attore che partecipa al processo formativo. Basta esser capaci di stare reciprocamente in ascolto. Il corso-laboratorio che si è aperto qui a Piacenza è un luogo di scambio e di scoperte. Solo così ha senso mettere al centro del percorso le figure mitiche di Antigone, Creonte, Ismene, Tiresia e tutti gli altri. L’Antigone di Sofocle diventa mappa di parole, gesti, azioni, idee, suggestioni, fino a trovare nel testo e nella storia quei sensi nascosti che ancora riverberano in noi, nel presente. E mostrarli poi come esito della ricerca compiuta. È un compito difficile, richiede agli attori partecipanti un impegno che va molto oltre la pur necessaria capacità interpretativa. Chiede agli attori di essere artisti a tutto campo, capaci di autorialità nelle scelte e nelle proposte, intessendo con me un dialogo costante ma anche contraddittorio, vivo, creativo.


ANTIGONE

da Sofocle

regia e adattamento drammaturgico Marco Baliani

con Massimo Foschi e Petra Valentini

e gli allievi del corso Fare Teatro: Alessandro Apostoli, Francesca Barbieri, Silvia Bertocchi, Elia Bonzani, Lorenzo Carpinelli, Raffaele De Vincenzi, Carlo Fabbri, Marcella Faraci, Giorgia Favoti, Ludovica Ferraro, Dania Grechi, Cristina Maffia, Francesca Muscatello, Marica Nicolai, Michele Nisi, Marta Ossoli, Matteo Sangalli, Leonardo Tanoni, Davide Tortorelli, Massimo Vazzana, Giulia Visaggi

costumi e oggetti di scena Emanuela Dall’Aglio

paesaggio sonoro Mirto Baliani

 prima nazionale, 19 – 20 – 21 luglio 2022, Festival di Teatro Antico di Veleia

“L’armata degli Argivi, sconfitta, è ripartita stanotte”: questo annuncia Ismene alla sorella Antigone. La città di Tebe si è da poco risvegliata dall’incubo dell’assedio e della guerra, il nemico sconfitto ha abbandonato la pianura. È a questo punto del giorno, trascorsa appena una notte, che comincia l’Antigone di Sofocle. Nel metterla in scena si è soliti dedicarsi interamente al senso delle parole pronunciate dai protagonisti e dal coro, parole alte, parole di poesia. Così agendo il logos diviene padrone della scena, cercando la chiave di lettura giusta che possa esaltare la forza e la pregnanza di quelle parole. Il testo diventa un lavoro di interpretazione registica, si cercano scenografie  che illuminino le sostanze espresse in parole, e agli attori viene chiesta l’interpretazione adeguata a quel disegno registico. 

Il mio approccio è diverso, per certi versi è agli antipodi. Parto dai corpi, non dalle parole, quelle arriveranno dopo, parto dalla materialità concreta di quei corpi tebani, appena scampati al massacro. La guerra è da poco trascorsa, cosa resta nei corpi dei cittadini dopo che il pericolo è passato? Difficile indicare un solo sentire, le guerre portano a comportamenti privi di qualsiasi senso di umanità, oppure a improvvisi slanci di solidarietà, a gesti eroici o disperati, tutto si mescola negli animi, i corpi sono scossi turbati, le voci che escono dalle gole risentono ancora dell’urlo, del richiamo esasperato, della foga nell’uccidere, del terrore di essere stuprate. La mia ricerca con gli attori sarà quella di trovare quelle voci che escono da quei corpi tormentati. Sono quelle voci che dovranno pronunciare le parole della tragedia.

La tragedia è dunque il tentativo disperato di rimediare al caos della vita attraverso parole, di permettere agli animi di distanziarsi dalla terribilità dell’esperienza di guerra, cercando un senso alla desolazione, senza rifuggire in altre contrade ma affrontando di petto i conflitti che la guerra ha innescato. Ogni guerra ha bisogno di parole che cerchino disperatamente un senso all’assurdità di tanto scempio perpetrato, di tanto odio e  delitto. Ma il tentativo della parola è sempre disperato, non riesce mai contenere o dirimere quei conflitti, e in questa impossibilità sta per me il meraviglioso del senso tragico.


IL CORPO MALATO DI TEBE

C’è un corpo che puzza e imputridisce e il suo fetore aleggia come un incubo sulla piana di Tebe. La città è appena scampata all’assedio nemico, intorno alle mura ci sono centinaia di corpi dei nemici uccisi e dei tebani morti nello scontro. Tebe è un carnaio a cielo aperto, come sempre accade in tutte le guerre, come sta accadendo oggi sotto i cieli europei.
I tebani scampati alla guerra, che tornano a respirare la libertà, sono ancora intrisi di sangue, smaniosi di vendetta, oscurati dalla somma di paure e angosce che hanno patito durante i giorni dell’assedio.

È una città ferita che fatica a riprendere vita, a compattarsi di nuovo in un unico sentire.
Il corpo esposto ai cani e agli uccelli è quello di Polinice, tebano anche lui come il fratello Eteocle: è il corpo del traditore che si è alleato con eserciti stranieri, gli Argivi, per riprendere il potere che gli spettava di diritto e che Eteocle gli aveva rifiutato. Ma quando una guerra comincia ci si dimentica subito delle cause che l’hanno generata, si pensa solo a sopravvivere e a uccidere.

Creonte, il nuovo sovrano di Tebe, sta usando quel corpo fraterno come capro espiatorio, è convinto che in questo modo i tebani tutti possano sfogare le loro tensioni infierendo sul quel corpo, sviando così le pulsioni distruttive dal suo nuovo governo. Spera che il marciume di un corpo che imputridisce assuma e annulli su di sé i conflitti, le paure, le rivendicazioni, che paradossalmente ripulisca la città dai miasmi della guerra appena trascorsa. È una mossa politica a suo modo astuta, e la retorica del suo discorso alla città tiene conto dei dissidi latenti, sa di governare sul filo del rasoio. Gli echi della guerra ancora rimbombano nelle orecchie e nei cuori dei cittadini e deve dimostrare di essere più saldo di quanto in realtà non sia. Quel corpo lasciato insepolto è un’ottima occasione per ricompattare il popolo.
Ma non ha messo in conto tre elementi.
Le donne di Tebe vogliono ricominciare a vivere, subito, chiedono a gran voce l’oblio, dimenticare rancori e vendette, occuparsi del presente, dei figli, della quotidiana ripresa del vivere, a differenza dei maschi ancora assetati di sangue.
Poi c’è Antigone, che rivendica il diritto di seppellire il fratello, anche se è stato nemico della città. Antigone chiede che venga rispettato il suo corpo, e che le leggi dell’affettività famigliare vengano prima delle leggi ordinate dalla città e dal suo sovrano. Questo scontro è, solitamente, nelle messe in scena della tragedia, il centro dell’opera. Ma lo è solo in parte, è un motore potente di conflitto insanabile ma solo perché dentro l’animo di Antigone alberga un altro conflitto ancor più devastante.
È il terzo elemento che segnerà la sconfitta di Creonte e il crollo del potere e del tentativo di dare un ordine alla nuova città dopo l’assedio. È la vera tragedia che Antigone si porta dentro. La contaminazione di un letto incestuoso, dove il padre-fratello Edipo ha generato con la moglie- madre Giocasta, i figli disgraziati. Antigone soffre la sventura della stirpe, la soffre come marchio di ignominia e per questo, da tempo, non vuole più vivere. Il seppellimento del fratello contro il volere di Creonte è per lei un’occasione di riscatto, un modo estremo per cancellare la sua origine malata. Onorando il fratello crede e spera di onorare sé stessa e la sua discendenza. Contro questo impulso di morte che fin dall’inizio Antigone rivela con forza alla sorella Ismene, Creonte nulla può, è per forza sconfitto.
 
Sono questi tre elementi che metterò in scena nell’Antigone da domani a Veleia, in mezzo alle antiche rovine di un insediamento romano. Tre condizioni dell’essere umano che devono incarnarsi nei corpi degli attori, non c’è un coro compatto che declama versi all’unisono, ci sono individualità multiformi, percosse ciascuna dall’ineluttabile che si sta svolgendo davanti ai loro sensi. Sono corpi scampati al massacro, ancora tremanti, ancora dilaniati da quello che la guerra ha impresso nella loro carne.

Solo la musica può, per intense dilatazioni, distaccare la percezione della tragedia dalla sua fatalità, la musica può sfilacciare ciò che appare compatto, e contratto, può perfino assolvere e redimere ciò che non ha possibilità di redenzione. Corpi e musica sono le materie di questa inusuale messa in scena, la tragedia è prima di tutto tragedia di corpi e di umanità.
Marco Baliani

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