COME RACCONTEREMO LA PANDEMIA TRA ANNI

UN BREVE RACCONTO DI MARCO BALIANI

Voglio cominciare dal respiro. Improvvisamente, un certo giorno, respirare era diventato pericoloso. Fino a quel momento ognuno poteva respirare come voleva. Da quel giorno in poi, tossire, starnutire o respirare diventò pericoloso, perché attraverso il respiro si poteva veicolare, far girare delle particelle invisibili che entravano dentro il naso e poi dentro i polmoni e ti facevano ammalare. Questa era una cosa nuovissima. Non era mai esistita o forse era esistita tanti tanti anni prima e nessuno se ne ricordava più. C’erano state altre malattie di questo tipo, ma questa volta cominciarono a dire che per essere più sicuri di questo respiro, bisognava mettersi delle maschere, delle mascherine, delle cose sulla bocca e sul naso per impedire di infettare gli altri. Questa cosa fu molto strana, all’inizio in molti non ci credevano, non tutti si misero a usarla. Dissero anche di usare i guanti, di lavare molte volte le mani e dissero tante cose per far capire che il pericolo c’era, anche se all’inizio non si riusciva bene a capire quanto fosse grave questo pericolo. Ci volle un po’ di tempo e poi si cominciò a capire che i più colpiti erano gli anziani, le persone più vecchie, perché avevano quello che chiamavano un sistema immunitario più debole. Questo sistema immunitario non si capiva bene che cos’era. È una cosa che abbiamo dentro e che si dovrebbe rinforzare vivendo bene sostanzialmente, mangiando bene, respirando bene, stando bene spiritualmente, in amicizia con gli altri. La mascherina l’avevamo già vista, c’erano delle immagini di documentari in Cina dove pare che questo virus avesse cominciato a girare, ma c’era l’idea che questo virus fosse così lontano, in Cina, figurati quando sarebbe arrivato da noi. Invece quando arrivò fu una catastrofe!

A Pechino avevamo già visto gente che girava con le mascherine, in realtà se guardiamo i bollettini meteorologici delle nostre città dovremmo girare sempre con le mascherine. Oramai sono molto inquinate, si respirano sempre polveri molto sottili, che non si vedono e le respiri, ma non muori subito, ci vuole tempo per immagazzinare questo veleno. Invece questa cosa nuova si chiamava “coronavirus”… con questa parola “corona” legata ai principi e ai re alle regine, alle principesse delle favole. Questo coronavirus era una cosa molto presente, concreta, ne moriva la gente. Alcuni morivano e altri no e questo era incredibile. C’erano persone che neanche sapevano di averla quella malattia e quindi erano più pericolose perché giravano e infettavano le altre. Siamo cominciati a entrare dentro una faccenda  di numeri,  ogni giorno stavamo a guardare quanti ne morivano e quanti erano infettati, quanti erano quelli che non lo erano più. E cominciavano a diventare degli eroi persone che fino a quel momento non lo erano mai stati: i medici e gli infermieri.

Avevamo visto un sacco di serie televisive negli anni Ottanta e Novanta sui medici, storie di medici in corsia, ma non eravamo stati preparati a vedere questi medici come fossero in trincea, come se fossimo in guerra. E infatti molti di loro purtroppo ci hanno lasciato la vita per difenderci, perché lì negli ospedali cominciò ad accumularsi tutta questa malattia in eccesso. Entravano lettighe e lettighe e autoambulanze. Entravano autoambulanze e uscivano casse da morto purtroppo perché è una malattia veramente brutta in cui si muore respirando male, non riuscendo a respirare muori dentro un casco di plastica che hai addosso e muori da solo, non puoi più contattare nessuno, sei infettivo, è una malattia che ti isola dagli altri. Questo succedeva anche nella gente perché regnava la paura di incontrare gli altri, per non essere infettati; ci dissero che era meglio stare in casa.

Infatti cominciarono a chiudere tutte le attività dove le persone si riunivano di più, le fabbriche, i posti di riunione, tutto… questo si chiamò ‘lockdown’ e fu lungo lungo e terribile perché le persone stando in casa cominciavano a restringere tutto il loro modo di vivere, anche gli spazi, non tutte le case sono grandi, ci sono case di quaranta metri quadri, con due genitori e quattro figli, come hanno fatto? Eppure ce la facevano e poi uscivano sul balcone e gridavano “tutto tornerà come prima, ce la faremo”. C’era una grande speranza di farcela, questa speranza poi ha cominciato ad affievolirsi e in televisione gli epidemiologici, i virologi, tutte persone mai state fino ad allora in televisione, divennero delle star. Ogni trasmissione ne aveva uno. Spesso raccontavano cose che non erano in sintonia con quello che raccontavano gli altri, erano scienziati, persone cui dare fede, fiducia. Ma ad esempio ce ne fu uno, un idiota, che disse a un certo punto che l’epidemia non c’era più, che il virus non c’era più. Questo generava confusione nelle persone. Quando le persone hanno paura succede che cominciano a pensare al maleficio, devono trovare un nemico da qualche parte, un capro espiatorio. Siccome il nemico non si può trovare qui perché è invisibile e non è chiaro chi lo porta, non ci sono dei portatori, non ci sono persone particolari per il colore della pelle o per una particolare etnia che ci portano il virus, ce lo siamo portati da soli, è nelle nostre città. Questa cosa iniziò a generare superstizioni, si sono cominciate a formare gruppi di persone che di fronte alla paura del virus, negavano che il virus ci fosse. Quindi la gente ha iniziato a distinguersi in negazionisti, la gente che negava il virus, positivi, quelli che avevano contratto il virus, asintomatici… nuovi nomi per definire gruppi di persone.

E quando questa epidemia ha iniziato a diffondersi tanto durante il lockdown, una prima cosa che le autorità hanno fatto giustamente è stata quella di fare rimanere aperte solo le attività essenziali. E quali erano? Le attività essenziali erano quelle che riguardano la salute del corpo, la sanità e il mangiare. Tutto il resto non c’era più. Una grande scoperta di questo periodo è stata che la maggior parte delle attività della nostra società sono inessenziali. L’80% delle cose che venivano prodotte e consumate non servivano in realtà perché quelle che servivano per vivere erano poche. Ma in molte città del Nord si mandarono avanti le fabbriche perché i proprietari non potevano permettersi di perdere i profitti che avrebbero accumulati nella vendita dei prodotti e quindi silenziosamente, senza dirlo, molte fabbriche sono andate avanti e non hanno chiuso. Ma non è andata bene perché molti operai che si muovevano da casa alle fabbriche erano a loro volta portatori di malattia, di infezione. E poi… ecco una cosa criticabile delle autorità: mentre dicevano quali erano le attività essenziali, hanno scelto che l’essenzialità avesse a che fare con il corpo e non con lo spirito. È strano questo perché quando uno sta male in realtà vorrebbe avere qualcuno che gli racconta come stare meglio perché i racconti di solito sono la televisione, il cinema, il teatro, la musica, i musei, la danza… hanno chiuso tutto! non hanno pensato che c’era anche la possibilità di nutrirsi in questo modo e questo ha generato più paura!

L’arte serve a rendere il mondo meno terribile, questa la sua funzione, quando togli la possibilità di  usare arte, di prendere e nutrirti di arte… via via lo spirito si indebolisce. Per farla breve, la pandemia arrivò a un punto che finita la prima ondata sembrava che tutto si risolvesse e inevce arrivò la seconda ondata e forse adesso anche la terza.  Poi dicono che il virus non è uno solo, ce ne sono tanti, mutano, come tutti i virus. Il virus è come tutti gli esseri viventi, deve sopravvivere e si muove come può. E siccome questa nostra è una società in movimento, i cieli erano solcati da centinaia di aerei, migliaia di aerei diretti in ogni parte del mondo. Era facilissimo per il virus entrare nel corpo di un cinese che veniva a Roma, senza farlo apposta, senza essere cattivo, magari tossendo lo passava a un altro e a un altro che prendeva un altro aereo e lo portava in un altro posto. Era facilissimo per il virus espandersi, non gli pareva vero dal suo punto di vista di avere tanta carne a disposizione in così gran numero. Questo virus è un po’ figlio di questa società, non è una cosa che nasce per caso, nasce perché la nostra società è così, piena di trasformismo, di movimento, di commerci, di merci che devono essere trasportate, vendute, commerciate. Quello che ancora è difficile immaginare è che cosa accadrà quando questa pandemia sarà terminata, io non so raccontare bene cosa succederà, ma facciamo finta che sia finita davvero, cosa cambierà di quello che conosciamo? I centri commerciali ci saranno ancora? La gente andrà ancora di corsa per consumare l’ultimo prodotto pubblicizzato di telefonino, l’ultimo di quello, l’ultimo di quell’altro… l’ultimo è sempre il più nuovo. Forse compreremo ancora di più… il calcio, torneremo a vedere le partite? Perché anche le partite la gente non poteva più andarle a vedere, giocavano da soli i calciatori e giocavano sapendo che erano visti in televisione.

In fondo, l’unica cosa che era rimasta in piedi era la televisione e c’era già prima. È una scatola che mette lì dentro quello che nella vita si svolge fuori. Tutta la nostra vita, ancora più di prima, era dentro uno schermo, quello grande della televisione e quello piccolo dei telefonini…